Graffito presente su una parete della grotta Cueva de laAraña (grotta del ragno), presso Bicorp (Valencia) risalente a 9.000 anni fa.
Il grande antropologo Claude Lévi-Strauss fa coincidere la produzione e l’uso dell’idromele con il passaggio - nella storia dei popoli- dalla natura alla cultura. Straordinario, vero?
Ma per comprendere l'idromele fino in fondo dobbiamo partire dal Corno d’Africa - dove ebbe probabilmente origine non solo l’idromele ma l’uomo stesso -, e dovremmo farlo cercando le tracce della bevanda che a sua volta si sposta seguendo le migrazioni delle popolazioni indoeuropee, e approdare al II millennio a.C. a Creta, in cui nasce il mito di Dioniso in un momento che precede la cultura della coltivazione della vite in Grecia come in Italia. Ovvero: il culto dionisiaco non nasce con il vino ma con l’idromele.
“… alla stessa maniera, la sacra bevanda era data ai poeti, ai soli uomini cioè degni di bere idromele...”
Mentre nel Medioevo l’idromele inizia a scomparire dalla nostra tavola, resiste in quelle zone fredde in cui s’intreccia l’uso rituale a quello inebriante menzionato ad esempio nel Beowulf, poema epico in inglese arcaico, databile al VIII sec.; o nell’Edda Poetica, una raccolta di poemi in antica lingua scandinava cara ai Norreni.
Quando si parla di idromele non si può non nominare Odino; perchè come Prometeo donò agli uomini il Fuoco, Odino donò agli uomini la Poesia. L'argomento, ampio e complesso è di sicura affascinazione.
Cerchiamo di “riassumere” il più correttamente possibile il nesso tra la principale divinità norrena e l'idromele.
Mito norreno della nascita dell’idromele
Odino è la principale divinità del pantheon norreno, ed in particolare è dio della Guerra, della Magia, dell’Inganno, della Sapienza - intesa come Visione del Sacro- e, della Poesia.
Padre di tutti gli dei, o addirittura Padre del Tutto è considerato come lo Zeus greco. E’ la figura in cui si incarna l’idea di Assoluto e quindi di Divinità e il suo nome esprime il concetto di Ispirazione e Furore. L'etimologia connette il nome alla radice proto-germanica e significa, appunto: furore, furia, veemenza, eccitazione, ispirazione, poesia, mente e spirito.
È colui che cavalca Sleipnir (letteralmente “destriero del Terribile) il corsiero dalle otto zampe allegoria mitologica di Yggdrasil l'Albero Cosmico.
Figlio della gigantessa Bestla e di Borr, l’Essere Primordiale. Dalla mescolanza di queste due stirpi, nel suo essere c’è il patrimonio di saggezza e ricchezza dei giganti e la capacità di avvalersene per i propri fini.
Saggezza che acquisì bevendo un sorso del prezioso liquido - l’Idromele -, dalla fonte del gigante Mímir: colui che prevedeva il Futuro, al quale il dio in cambio, dovette cedere un suo occhio. Odino è dunque il dio che sacrifica se stesso e s'immola per la conoscenza.
Nel corso della cristianizzazione la venerazione nei confronti delle divinità norrene subì un duro colpo, ma non si estinse completamente. Fu permesso che continuassero ad esistere come icone diaboliche; mentre altre divinità vennero sostituite con i santi cristiani. Ma è nella Skàldskaparmàl (in norreno "dialogo sull'arte poetica"), la seconda parte dell'Edda in prosa, opera dello scrittore e storico islandese Snurry Sturluson, redatta nel 1220, in cui si ritrovano i versi che cantano l’impresa di Odino deciso di intraprendere un lungo viaggio per ottenere l'idromele: la prodigiosa bevanda che rende poeti e dona saggezza.
Dopo la lunga guerra piena di rivalità e destini rovinosi tra Æsir e Vanir (le due principali famiglie delle divinità norrene), le due parti si riunirono infine per sancire la riconciliazione; e non volendo far perire quel gesto di pace, gli Æsir, crearono un uomo. Questi fu Kvasir, colui che tutte le cose osservava, celesti e terrene; e fu l'essere più saggio mai esistito. Non vi era quesito al quale non sapesse rispondere. Per questo venne mandato come un pellegrino per le infinite strade del mondo a infondere e condividere con le genti la propria saggezza. Ma avvenne ciò che né egli né nessun altro aveva previsto. Fermatosi per la notte a casa di due nani tra loro fratelli, Fjalarr e Galarr, venne assassinato da questi, che ne raccolsero il sangue in due distinte coppe che addolcirono con il miele. Questo composto fermentò e diede origine a un idromele portentoso che rendeva saggio e poeta chiunque lo bevesse. Il primo ad appropriarsi dell’idromele fu il gigante Suttungr che, geloso del sacro liquido, lo depose in una caverna e ci mise a guardia sua figlia. Avuto notizia di questi avvenimenti dai suoi due corvi, Huginn e Muninn – ovvero Pensiero e Memoria, Odino, il dio che dal trono vede l’Universo, decise di intraprendere un viaggio per recuperare la bevanda. Cambiandosi di sembianze ed usando un nome fittizio si propose al fratello di Suttungr per prestargli i suoi servigi, eseguendo il lavoro di quei nove uomini venuti a mancare in modo improvviso e tragico; in cambio chiese solo tre sorsi dell'idromele. Non intuendo il raggiro di Odino, il fratello di Suttungr, Baugi, acconsentì; e alla fine del periodo di lavoro Odino andò a chiedere i tre sorsi che però gli vennero rifiutati. Allora Odino propose a Baugi di rubare l'idromele ed egli accettò. Mentre costui scavava un buco nella nuda roccia della montagna, Odino si trasformò in serpente e vi si infilò. Il gigante, inteso il tradimento e la vera natura del dio, cercò vendetta, ma inutilmente. Il dio in seguito giacque per tre notti con la figlia di Suttungr, e ottenne da lei il permesso di bere i tre sorsi coi quali vuotò il calderone da tutto l'idromele volando via, trasformato in aquila. Odino riversò l'idromele all'interno di una coppa: ma nella fretta della fuga fece cadere alcune gocce sulla terra; quegli scarti di idromele sono la fonte di ispirazione dei poeti di scarso livello, ovvero i poeti non ispirati dagli dei. La coppa che ospitò la bevanda sacra venne invece dal quel momento in poi offerta ai guerrieri che entrano nel Valhàlla, la grande dimora, la sala dorata adornata con preziosi scudi e lance in cui i valorosi caduti in battaglia venivano ricondotti dalle Valchirie presso la residenza divina per poi resuscitare. Alla stessa maniera, la sacra bevanda era data ai poeti, i soli uomini degni di bere idromele. Odino è quindi il dio della Parola e della Poesia: colui che protegge gli “scaldi”, gli antichi poeti scandinavi, e che riempie di ardore il loro canto. Secondo la mitologia, sembra che egli stesso parlasse sempre in versi; le sue parole avevano un carattere magico poiché era colui che governava le Rune: il mitico alfabeto sacro. La bevanda aveva un profondo legame con il culto dell’immortalità degli Dei; poiché in essa si fondono il frutto del lavoro di un animale sacro messaggero del cielo, che trasforma il sole in miele, e l'acqua la linfa vitale che scorre nelle vene della Madre Terra e da cui tutto ha origine.
Nello zoo mitologico di Odino Oltre a possedere i due corvi Huggin e Muninn che ogni giorno al tramonto sussurravano all'orecchio divino ciò che accadeva nei nove mondi, Odino possedeva anche due lupi, Gery e Freky che venivano sfamati col cibo a lui destinato nelle cene che si tenevano nel Valhalla, poiché il dio si nutriva di solo idromele. Figura avvincente è poi la capra Heiorun simbolo dell'elemento femminile che si nutre delle foglie sempreverdi dell'albero sacro, dalle cui mammelle esce un idromele che a sua volta sazia gli eroi di Odino. Ed infine le api che si nutrono delle gocce della linfa del grande albero, e che rappresentano le anime più pure e laboriose; simbolo da sempre di immortalità e di rigenerazione. Singolarmente ampia e complessa infatti è la presenza dell’ape nella letteratura greca, segno dell’importanza rivestita dall’apicoltura nell’economia di questa civiltà fin dalle epoche più remote, ma anche del fascino e dello stupore suscitato da questo insetto per molti aspetti enigmatico. Le testimonianze più antiche compaiono nei poemi omerici nei quali l’ape è assunta come simbolo di significati appartenenti alla sfera cosmica e religiosa in quanto signora del Tempo e delle metamorfosi. Le mirabilie delle api hanno spinto a celebrare la loro vicinanza al divino: creature immortali per i classici, vicine alla santità per gli scrittori cristiani. Dante stesso celebra la similitudine api-angeli all’inizio del 31mo Canto del Paradiso. Ma sia sull'ape e il suo patrimonio simbolico-letterario e gli animali-simbolo che ruotano attorno all'albero cosmico ed alla figura di Odino ma anche per questo approfondimento lascio ad ognuno la voglia di ricercarli.
L’apicoltura nell’abbazia di Bukfast- Le memorie di un padre dell’apicoltura moderna di Padre Adam edizioni Montaonda
All’inizio del XX secolo le popolazioni di ape europea vennero decimate dall’acariosi nell’isola di Wigth. Padre Adam iniziò l’importazione di sottospecie resistenti all’acaro da tutto il mondo, per selezionare un ibrido resistente al parassita, ora conosciuto come l’ape di Bukfast.
“In tante notti d’inverno, una candela di cera sulla tavola e un fuoco di ciocchi nella stufa di terracotta, il vecchio apicoltore accoglieva i suoi ospiti o dava conforto alla sua anima con una coppa di idromele. Una casa semplice, ma un bere ricco; molto amichevole la chiacchierata intorno al fuoco, assai stimolante il liquore.
Per molti anni stazionò nella Piana di Salisbury un capanno da pastore su ruote, in mezzo a cespugli di ginestrone, e circondato da alveari: difficilmente un passante avrebbe notato gli alveari in mezzo ai cespugli, e forse nemmeno il capanno, se a volte la tempesta non avesse spinto vortici di fumo attraverso il sentiero, catturando la sua attenzione.
In quella capanna viveva un uomo solitario, che aveva viaggiato in terre lontane, gettando alla fine l’ancora tra le sue api nella piana di Salisbury.
Vendeva il suo miele, fabbricava le sue candele, metteva a fermentare il suo idromele. La notte, che la tormenta ululasse, che la capanna fosse scossa e tremasse, lui era felice di starsene sdraiato sul suo giaciglio, rileggendo le pagine che aveva scritto e sorseggiando l’idromele che aveva spillato dalla botticella nella piccola rimessa all’esterno. Il suo era probabilmente un lavoro di filosofia di poco valore, ma egli era un filosofo in essenza.
L’idromele riscaldava il suo cuore solitario ed era l’unica concessione a un lusso che peraltro disdegnava. Lasciava scorrere il mondo e non era avido di eleganza e prelibatezze, per cui altri si danno tanto da fare”.
Padre Adam dell'Abazia di Buckfast